lunedì 21 maggio 2007

L’ultima Sigaretta di Robert Sulliivan

Mozziconi quanti mozziconi ho buttato, quanti pacchetti cincischiati ho lasciato in giro nella mia vita, quasi una semina da cui aspettava nascessero frutti, che poi non ho mai visto fiorire. Frammenti d’ore che mi appartengono, ricordi ogni momento bello, brutto, una sigaretta un’emozione, un pacchetto una parte di me lasciata da estranei gettata via.
Robert Sullivan era come si dice un gran fumatore uno di quelli che accendono una sigaretta dopo l’altra e, che impossibile incontrarlo senza la sua compagna con le labbra.
Sembrava quasi incantato quando osservava le volute di fumo giocare a rincorrersi nell’aria, per lui era uno spettacolo il più bello del mondo, una boccata di piacere che sarebbe stato un peccato mortale perdere.
Non era mai accaduto che rimanesse senza le sue adorate chiavi.
Eppure assurdo solo pensarlo, nel pacchetto che stringeva in quel momento tra le mani gli era rimasta una sola sigaretta. Era in casa andò alla ricerca di quella stecca che era obbligatorio tenere sempre di riserva e che di solito nascondeva in un posto segreto. Non riuscì a trovarla, era tardi, la notte era scesa da un pezzo e non sarebbe stato facile trovare l’emporio aperto. In ogni caso non poteva stare li ad aspettare, di fumarsi quella ultima sigaretta e poi attendere ore, senza la sua compagna di sorte.
Il solo pensarci lo terrorizzava, cominciò a immaginare scenari dolorosi e senza un attimo di riflessione… … si incamminò verso il centro del villaggio.
Edwelmtre era un piccolo centro agricolo del Mid west, un paese antico di coloni tutta gante per bene che si faceva i fatti suoi che rispettava il prossimo e che pretendeva rispetto. Forse lasciava un po’ a desiderare nell’ospitalità con gli estranei. Ma Sullivan si era integrato bene ed erano anni che viveva in quella città. Il suo lavoro era ben pagato e questo gli permetteva una vita quasi agiata, gli pesava un la solitudine ma anche a questo ci su abitua, gli sarebbe stato difficile condividere con una presenza femminile. Non che le donne non gli piacessero, anzi ma preferiva rimanere solo e, avere come diceva lui, delle amiche qualcosa di più, con cui passare delle ore di sani svago ..ginnastica sessuale.
La notte era calda e le luci della strada tracciavano il suo incedere; guardò l’orologio erano le venti e trenta , estrasse dal taschino della camicia il pacchetto di Camel, lo guardò, sorrise, pensò,: non è ancora arrivato il momento di accenderti, ancora un poco doveva resistere prima di trovare l’ emporio aperto.
Camminò un po’ più velocemente nell’aria un profumo stano, accattivante, romantico antico respirò profondamente poi tossì, quella tosse stizzosa, roca, tipica dei fumatori, giunse davanti alla rivendita, rimase impietrito era chiusa.
Tutto era spento deserto. La prima cosa che gli venne in mene fu di mettersi ad urlare chiamare il proprietario svegliarlo nel cuore della notte, ma resistette ricordò il carattere dell’uomo e la sua propulsione a impugnare le armi e talvolta a sparare contro chi l’avesse disturbato nel sonno. Era già accaduto negli anni precedenti.
Si sedette sugli scalini che portavano all’ingresso dell’esercizio ed istintivamente prese il pacchetto con la sigaretta di .. l’estrasse la portò alle labbra e cercò il suo accendino, non era nel taschino, non era nelle tasche dei pantaloni.
Cercò dappertutto niente, nella fretta di uscire evidentemente l’ aveva lasciato a casa. Sfortuna delle sfortune pensò, ora mi tocca rincasare se voglio fumare e così fece.
Ma quando giunse sotto casa si accorse con crescente disappunto che aveva dimenticato le chiavi sul tavolo di soggiorno. Niente di grave dopo tutto la signora che accudiva le faccende domestiche sarebbe andata a casa sua molto presto verso la sei e trenta, quindi era questione di pochi minuti e poi avrebbe aperto la porta con il duplicato delle chiavi, il problema sarebbe stato risolto.
Si arrese, era destino che non doveva fumare, per qualche ora non sarebbe morto per questo, erano anni che non accadeva e per questo era il caso di crucciarsi oltre le sue.
Si sedette sul marciapiede e incominciò a fissare il lampione.

La sua mente dapprima vogò su pensieri lontani, poi prepotente tornò al pacchetto, alla sigaretta, lo riprese tra le mani estrasse la sigaretta e la portò golosamente alla bocca.
“Vuole accendere signore! “ La voce lo fece trasalire .
Chi era a quella ora, cosa succedeva qualcuno gli leggeva nel pensiero! Oppure era solo una banale coincidenza.
Alzò la testa guardò avanti a cinque sei metri da lui vide un giovane, alto biondo, capelli lunghi fino le spalle era in penombra ma Sullivan immediatamente notò il suo strano abbigliamento.
Sulle prime non riuscì a mettere a fuoco l’uomo, poi man mano che si sforzava l’apparizione gli parve ancora più strana e misteriosa, l’uomo, il giovane indossava una tunica azzurra ed era scalzo. “Chi sei chiese!” Il giovane non rispose ma si avvicinò, Robert Salliver rimase impietrito, quel giovane non camminava era come se fluttuasse e pareva fosse fosforescente.
Si stropicciò gli occhi come per svegliarsi da un improvviso sonno, ma il giovane era sempre più vero che mai .
“ Vuole accendere signore! “Ribadì il misterioso giovane
“Chi sei e, cosa vuoi”.Sullivan, era ormai in preda a una paura irrazionale nel crescente.
Di storie di fantasmi se ne raccontavano tante, ma lui non aveva mai dato loro, la benché minima attendibilità.
Lui era pragmatico, concreto, ateo eppure ora gli toccava una situazione cosi incredibile .
Si alzò di scatto e pur essendo un uomo più alto di un metro e novanta dovette rendersi conto che il giovane che ava di fronte lo superava di diversi centimetri.
Per un attimo la ragione prese il sopravvento, non poteva essere che un uomo, magari strano, ma pur sempre un uomo in carne ed ossa.
Forse vestiva in quel modo per qualche ragione che gli sfuggiva, ma era solo e sicuramente un uomo.
Si avvicinò ancora e stava quasi per toccare il giovane, quanto si sentì invadere da un torpore innaturale, si sentì improvvisamente stanco, molto stanco sedette di nuovo. Il giovane senza il minimo rumore sedette accanto a lui, poi con voce suadente parlò:
“ Robert Sullivan sono venuto perché tu possa accendere la tua ultima sigaretta, te la sei meritata ma sarà l’ultima perché nel luogo dove andremo non potrai più fumare, per molto, molto tempo, per sempre.”
Sallivan era sbalordito sconcertato , che diavolo di scherzo era quello, chi era quel giovane, perché diceva quelle cose assurde, possibile che fosse l’angelo della morte,di cui tanto leggente raccontavano e che fosse giunto per lui il mio momento di passare all’alta vita!
Non era possibile aveva appena cinquanta anni e godeva ottima salute, forse i suoi polmoni erano un poco malandati, per via di tutte quelle sigarette!
Forse il cuore era un poco affaticato ,ma, morire gli sembrava davvero esagerato.
Il giovane lo guardò con aria assorta e dolcissima, era bello era veramente bello, una pace profonda lo pervase
Forse era vero, forse era giunta la sa ultima ora, infondo pensò, è giusto che sia così, quasi si fosse arreso del tutto.
La sigaretta gli era rimasta tra le mani, la portò alle labbra e il giovane con grazia gli porse un bastoncino con la punta in fiamme.
Sullivan accese la sua ultima sigaretta aspirò profondamente come era buona era stata la sua più fedele compagna, come era buono il suo sapore come era dolce.
Forse morire fumando era stato uno dei suoi più grandi desideri. Aspirò lentamente ancora, poi una luce fortissima lo accecò e da quel momento si senti leggero.
La sigaretta cadde in terra e lui ebbe la sensazione di essere trasportato in alto la sua anima, tutto se stesso gli parve dissolversi…


Epilogo

La signora Miccerfoon, come sempre puntuale e meticolosa aprì la porta di Sullivan come sempre arrivò alle sei e trentadue di mattino, le solite tre mandate dall’interno.
Tutto era in ordine.
Si accorse del cadavere solo quando entrò nel soggiorno era disteso sul divano aveva il volto sereno, non quello tipico di una morte improvvisa.
Il coroner dichiarò che l’autopsia aveva evidenziato una morte assolutamente naturale, dovuta ad un improvviso devastante infarto, aggiungendo per inciso che il fumo aveva mietuto un'altra vittima. L’agente Flobbet completò il suo lavoro di rito nel cotile di Sullivan, non vi era niente da cercare, si trattava certamente di morte naturale nulla di sospetto, però il suo dovere era dovere e le procedure andavano rispettate.
La porta, era chiusa a chiave da dentro perché le chiavi erano sul tavolino del soggiorno.
Che strano pensò, stringeva in mano un pacchetto vuoto, quando sul tavolino vi era una intera stecca.
Qualcosa attrasse la sua attenzione il vecchio investigatore .
Per terra, vicino ai suoi piedi c’era una sigaretta poco consumata, spentasi subito dopo essersi stata accesa.
Si chinò , la raccolse, la guardò era una Camel, la marca preferita dal povero morto.
La gettò via senza ritegno, no, non poteva essere stata l’ultima sigaretta di Robert Sulliivan

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